Conosciuta sui social come “La psicologa dei gatti”, Elena Angeli racconta come leggere i felini
Talvolta venerato come simbolo di indipendenza, bellezza e mistero, talvolta temuto per il suo carattere imprevedibile e per la sua natura sfuggente. È un’immagine affascinante, ma spesso riduttiva, quella che viene attribuita al gatto, e che finisce per non rendere giustizia alla sua reale complessità. Ce lo dimostra Elena Angeli, psicologa fiorentina, in occasione della Giornata Mondiale degli Animali. Da anni si occupa esclusivamente di etologia felina, mettendo le sue conoscenze e competenze al servizio della comprensione della mente dei gatti.
Dottoressa Angeli, i nostri gatti di casa hanno davvero bisogno di uno psicologo?
“Il gatto è perfetto così com’è. Siamo noi essere umani ad allontanarlo dal suo ambiente naturale, ce lo mettiamo in casa e pretendiamo che si adegui ai nostri ritmi e alle nostre abitudini. La routine lavorativa implica, molto spesso, una condizione di solitudine per i gatti che può tradursi in problematiche o disagi, se non affrontati opportunamente. È lì che il supporto di un di un comportamentalista felino o un consulente della relazione felina potrebbe rivelarsi utile. Io nasco professionalmente come psicologa e poi ho deciso di occuparmi di etologia felina, quindi diciamo ho unito queste mie due esperienze nella psicologa dei gatti. La mia figura si avvicina molto a quella dell’educatore cinofilo”.
In cosa consiste il suo lavoro?
“Il mio lavoro consiste nel comprendere, modificare e supportare alcuni comportamenti che i gatti manifestano quando sono in una situazione di disagio o stress. L’obiettivo è aiutare sia il gatto che la famiglia a raggiungere una convivenza il più possibile serena.
In pratica, si tratta di spiegare ai proprietari cosa c’è dietro certi comportamenti del loro gatto, perché si verificano e cosa stanno comunicando. In alcuni casi, si interviene proprio per migliorare il benessere del gatto stesso, andando a ridurre le cause del suo malessere.
È quindi un intervento che agisce su due fronti: da una parte c’è l’aspetto felino, il suo stato emotivo e comportamentale, e dall’altra c’è la famiglia, che viene accompagnata nel capire e gestire al meglio la relazione con il proprio animale”.
Quali sono i bisogni per cui viene chiamata?
“Uno dei casi più frequenti, ad esempio, è l’eliminazione inappropriata fuori dalla lettiera. È una situazione che disturba molto i proprietari, li mette in difficoltà, e li porta a rendersi conto che c’è un problema che va affrontato con un aiuto esperto.
Un’altra richiesta frequente riguarda i conflitti tra gatti che vivono nella stessa casa: litigi, tensioni, difficoltà nella convivenza. Anche in questi casi, il disagio è piuttosto evidente e le persone cercano una soluzione.
Poi ci sono situazioni più sottili, meno riconoscibili, che emergono solo durante l’intervento. Non sempre i segnali di disagio vengono interpretati come tali. Pensa, per esempio, a un gatto che dorme quasi tutto il giorno, si alza solo per mangiare o andare in lettiera. Molti proprietari pensano che sia normale: in realtà, spesso quello è il comportamento di un gatto depresso, un gatto che non sta bene, che non è felice. Ecco perché è importante osservare e capire il linguaggio del gatto”.
Come si riconosce un gatto che sta bene?
“Un gatto che sta bene è un gatto che non presenta particolari problematiche comportamentali ed è ben integrato nel contesto familiare. Lo si vede perché è coinvolto, curioso rispetto a ciò che lo circonda, interagisce, gioca. Insomma, è presente.
Quando c’è una buona relazione tra l’uomo e il gatto, si nota: chi vive con lui riesce a percepire quando sta bene e, allo stesso modo, quando qualcosa non va. Il benessere del gatto si riflette anche nella qualità della relazione con la sua famiglia”.
Quali sono gli accorgimenti quotidiani che si possono mettere in pratica per garantire il benessere al proprio gatto?
“Il primo aspetto fondamentale è creare una casa a misura di gatto. Significa allestire un ambiente che permetta al gatto di esprimere i suoi comportamenti naturali, quelli etologici. Per esempio, è importante offrirgli punti in cui possa marcare il territorio — come tiragraffi ben posizionati — e soprattutto dargli la possibilità di muoversi anche in verticale. A differenza di noi o dei cani, i gatti vivono in tre dimensioni: hanno bisogno di arrampicarsi, saltare, osservare il mondo dall’alto.
Un altro consiglio che ritengo fondamentale è non sottovalutare l’impegno che richiede un gatto. Spesso si pensa che sia un animale più semplice da gestire rispetto al cane, ma non è così. Il gatto è un animale complesso, ha bisogno di stimoli, di attenzione e soprattutto di gioco. In appartamento, il gioco diventa una vera e propria necessità, perché sostituisce attività naturali come la caccia, l’esplorazione, l’interazione con l’ambiente.
Quindi il succo è questo: tenere una casa a misura di gatto e dedicargli tempo per il gioco. Sono due aspetti essenziali per il suo benessere.”
Molti stereotipi gravitano attorno al gatto. C’è qualcuno che può essere smentito?
“Una delle convinzioni più diffuse — e sbagliate — è che i gatti si facciano compagnia tra loro. Quante volte si sente dire: ‘Prendi un altro gatto, così non è solo.’ In realtà, questa è una vera e propria bufala. La socialità del gatto è molto più complessa di quello che si pensa. Il gatto, per natura, è un animale solitario: vive bene da solo, non soffre necessariamente la solitudine, a patto che venga correttamente stimolato e abbia momenti di gioco e interazione con chi vive con lui.
Un altro luogo comune molto diffuso è che il gatto sia meno impegnativo del cane. C’è chi pensa: ‘Non ho tempo, prendo un gatto.’ E invece no, perché il gatto è un animale estremamente complesso, sensibile e con bisogni molto specifici. Richiede tempo, attenzione, coinvolgimento. Non è affatto un animale “facile” solo perché è più indipendente.
E poi ci sono i classici, come quello che dice: ‘Il cane si affeziona alla persona, il gatto alla casa.’ Anche qui c’è un fondo di verità, perché sì, il gatto è un animale molto territoriale, e ha un legame forte con l’ambiente in cui vive. Ma questo non significa che non possa creare relazioni profonde con le persone. Al contrario: è un animale estremamente intelligente, capace di affezionarsi e interagire con chi lo circonda, in modo diverso dal cane, ma altrettanto significativo. Un altro pregiudizio molto comune è che i gatti facciano i dispetti. In realtà non è così: non è proprio nel loro modo di pensare. I gatti non ragionano come noi, e ogni loro comportamento ha un significato, anche se a volte noi fatichiamo a capirlo.
Ad esempio, quando un gatto butta oggetti dal tavolo, non lo fa per dispetto: spesso è semplicemente annoiato e si intrattiene da solo, oppure cerca attenzione, sapendo che così qualcuno reagirà.
Il problema è che siamo abituati a interpretare i comportamenti del gatto secondo la nostra logica umana, mentre il gatto ha una prospettiva completamente diversa. E proprio questo è uno degli aspetti centrali del mio lavoro: aiutare le persone a mettersi nei panni del gatto, a guardare il mondo con i suoi occhi. Solo così si possono davvero comprendere i suoi comportamenti”.





